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Voglia di volare

Pubblicato da il 25 Feb, 2019 in News

Voglia di volare

(articolo di un associato) Voglia di volare, già. Sembra facile, da dire. Ma risulta difficile, anche solo da pensare, se pesi più di 150 chili. Mi chiamo Marcello e questa è la storia del mio incontro con Volo Oltre e di come questo incontro mi abbia restituito, se non altro, almeno la speranza, un giorno, di poter tornare anche io a volare. Pesare oltre 150 chili non è solo una condizione di morbilità fisica. E se sei un uomo dalla personalità strutturata, non è nemmeno tanto un problema di natura estetica. Pesare oltre 150 chili è prima di tutto una condizione mentale nefasta. Un pensiero fisso che ti martella nella testa continuamente, trasformando il cibo e tutto ciò che gli ruota intorno in una perenne ossessione: quando sei lontano dalla tavola, l’ossessione è il pensiero fisso di come fare, oggi, almeno oggi!, a resistere alle tentazioni. Quando alla tavola ti avvicini, l’ossessione si tramuta in foga e la bocca diventa l’apertura attraverso la quale ingolfare l’otre in cui hai trasformato il tuo corpo. Nessuno nasce pesando più di 150 chili. Non si diventa così in pochi giorni, o in pochi mesi. E nemmeno in pochi anni. E’ un piano inclinato, nel quale ti ritrovi, spesso inconsapevolmente, e sul quale scivoli, dapprima molto lentamente e senza farci troppo caso. Finché, piano piano andando sempre più veloce, arrivi al punto che la velocità della tua discesa agli inferi è incontrollabile. Vorresti fermarti, invertire la rotta o perlomeno rallentare, ma oramai non sei più tu a governare il gioco e la discesa pare inarrestabile. Anzi, non è più una discesa: è una caduta. E come in tutte le cadute, quando tocchi terra, ti fai male. Ma molto prima di toccare terra, è la consapevolezza della caduta a terrorizzarti, ad annichilirti e a lasciarti solo con il tuo mondo di angosce e silenzi. Noi ciccioni, molto spesso, siamo bravissimi a costruirci personaggi simpatici da esporre al resto del mondo. Tante volte, siamo noi i primi a scherzare sulla nostra condizione, come se farci male da soli potesse in qualche modo rendere meno dolorose le ferite che gli sguardi e le facili morali altrui ci infliggono. Corazzati all’apparenza dalle nostre imponenti dimensioni, diventiamo maestri della minimizzazione del problema, fino alla sua negazione e talvolta alla sua celebrazione (grasso è bello!). La realtà è che, persi nella nostra stessa enormità, circondati o meno dall’affetto di...

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